In una Gran Bretagna del prossimo futuro, succede che il cambiamento climatico ha causato un tale innalzamento del mare che si è dovuto ricorrere alla costruzione di un muro alto cinque metri attorno all’isola per contenerlo. Il muro di cemento è indispensabile inoltre per prevenire un’altra minaccia incombente: il probabile e costante pericolo di essere invasi dagli Altri, poveri, disperati e affamati, che assaltano il Muro per entrare nel paese in cerca di migliori condizioni di vita. Compito del Difensore del Muro è scacciarli senza pietà, pena l’espulsione del distratto incaricato e l’immediato esilio in mare aperto. I cittadini vengono reclutati appena raggiunta la maggiore età e per due anni presteranno servizio di guardia sul Muro dove, esposti alle intemperie notte e giorno, dovranno scrutare l’orizzonte e dare l’allarme al minimo avvistamento di pericolo. Il romanzo racconta di Joseph Kavannagh dal suo primo giorno sul Muro e delle sue vicende in un catastrofico, apocalittico mondo, dove si respira un’aria militarizzata e post bellica e dove l’umanità accetta un destino sempre più incerto e assolutamente poco promettente, senza avere la capacità né la forza di ribellarsi
Un’inaspettata e imprevedibile coincidenza ha fatto sì che l’autore descrivesse anni fa (ha iniziato a scrivere il romanzo nel 2016) una condizione che sperimentiamo oggi. Leggere questa prima parte del romanzo, infatti, sicuramente la migliore del libro mentre la seconda si perde un po’ nelle avventure del protagonista (diventando a mio avviso una specie di fantasy), in piena pandemia, ci fa facilmente immedesimare nella condizione solitaria ed estrema del Difensore sul Muro. Come tutti noi al momento del confinamento domestico a cui siamo stati costretti dalla pandemia, il soldato di turno durante il servizio non può che annullarsi, accettare la situazione di attesa, sopportarla e far passare il tempo nel miglior modo possibile. “Non devi opporre resistenza al tempo che passa, ma cavalcarlo, galleggiarci sopra. Anzi: lasciare che vada dove vuole andare, Senza mai guardare l’orologio. Pensando ad altro. (…) Il tempo passa e tu non devi fare altro che lasciarlo passare.” suggerisce il collega più esperto al protagonista alle prime armi. Quanti di noi hanno avuto il problema di far passare il tempo in questi lunghi giorni chiusi in casa?
I temi che il romanzo tratta sono quelli per i quali eravamo tutti in ansia prima della pandemia: la Brexit, il muro di Trump, i rifugiati, la crisi demografica e soprattutto il cambiamento climatico da considerare come il principale presupposto del romanzo. Lo scenario che l’autore immagina è come potrebbe diventare il nostro pianeta se non verranno prese le adeguate contromisure alla devastazione che gli stiamo perpetrando con l’inquinamento, le deforestazioni e il mancato rispetto dell’ambiente. Immagina inoltre, altro tema importante del libro, che se la nostra società dovesse continuare ad alimentare ingiustizie e prevaricazioni, potrebbe causare divisioni insanabili e sempre più dolorose differenze tra i popoli, tra ricchi e poveri. Infatti Lanchester, ho letto in un’intervista, pur accettando la definizione di romanzo distopico per Il muro, considera che ciò che immagina nel romanzo sia ancora più terrificante di un’utopia negativa. Ritiene infatti, che quanto racconta, sia una probabile proiezione, una concreta, effettiva realizzazione, un indesiderabile, sgraditissimo ma possibile sviluppo del nostro pianeta. Non c’è niente di fittizio nel cambiamento climatico (è già in atto) né nella deriva sociale alla quale assistiamo senza riuscire a porre limiti né le dovute correzioni. Un futuro possibile, dunque purtroppo e immaginarlo, scriverne, leggerne potrebbe servire, nell’intento dell’autore, a scongiurarlo.
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