Quando aveva 15 anni è stata internata nel campo di concentramento di Auschwitz- Birkenau insieme al padre, lei è tornata, lui no. Questo libro rappresenta una missiva destinata proprio a lui, un modo per rivivere e raccontare cosa sono stati quegli anni terribili vissuti da reclusa, ma anche cosa è stato il "dopo", cosa è significato tornare a casa e reintegrarsi in una famiglia che era diventata di estranei, che faceva di tutto per rimuovere e dimenticare l'accaduto e su cui incombeva grande e scura come un'ombra l'assenza del capo famiglia, dato per disperso e poi dichiarato ufficialmente morto, qualche anno dopo la fine della guerra. Ma Marceline non vuole dimenticare, vuole raccontare, condividere, dando così valore agli insegnamenti di suo padre, ai quali si aggrappava anche quando sembrava che ogni speranza fosse perduta, tra i campi e le baracche di Auschwitz. Durante la loro reclusione, non si videro che poche volte, senza la possibilità di parlarsi, solo immaginando quale potesse essere il reciproco dolore. Lui riuscì a farle recapitare un biglietto che forse a lei diede la forza di andare avanti. Questo libro è la sua risposta, testimonianza cruda e reale di quello che è stato un capitolo orribile della nostra Storia, ancora più toccante perché è la voce di una delle poche persone deportate ancora in vita. Con le sue parole Marceline riesce ad infondere tanto coraggio e speranza, come se ad ogni riga volesse dire "eccomi qui ce l'ho fatta, mi avete piegato ma non mi avete spezzato e porto con me anche la presenza di mio padre, che dal campo di sterminio non è uscito vivo ma che continua a vivere grazie a me e a questa lettera per lui."
L’autrice ha anche raccontato la sua vita in un film “La petite prairie aux boileax”, diretto insieme al marito cineasta, interpretato da Anouk Aimèe.
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