Saga famigliare lunga 60 anni, inizia nel 1941 ad Ain Hod, ridente cittadina dove vive la famiglia Abulheja. La loro semplice e serena esistenza verrà devastata dall’invasione israeliana che costringerà tutta la popolazione a trasferirsi nel campo profughi di Jenin. Mille tragici avvenimenti attendono i componenti della famiglia, attraverso il racconto a voci alternate, in prima persona o narrate, che ci descrivono la tremenda esperienza della guerra. Romanzo corale, è evidentemente scritto da una mano femminile, per la sensibilità con la quale le donne (madri, mogli, figlie, amiche, nonne) vengono descritte nei loro sentimenti e nelle loro pratiche quotidiane. Non sono eroine, ma hanno un ruolo ben preciso all’interno della famiglia e della storia.
La scrittura è semplice, ricca di dettagli e descrizioni sui sentimenti, sui profumi della terra, sulle usanze e tradizioni arabe, ma anche sugli orrori dei campi profughi e della guerra.
La narrativa palestinese è povera di opere letterarie e l’autrice riesce nell’intento di scrivere un romanzo toccante, che fa riflettere sulla difficilissima questione della Palestina, purtroppo ancora irrisolta.
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