Il fatto realmente accaduto ha acquisito la visibilità che si merita grazie al romanzo della giovane scrittrice napoletana, che ha scritto con grazia ed eleganza la storia di Amerigo Speranza, uno dei bimbi partiti col primo treno. La vicenda viene narrata attraverso la voce del bambino, è molto colloquiale dunque, ingenua, intercalata da espressioni dialettali, dolce e commovente. Amerigo nonostante la fame che soffre e i disagi della sua povera casa, è allegro, sembra non rendersi conto di quanto tragica sia la sua vita, senza un padre, con una mamma che lo abbraccia solo durante i bombardamenti, costretto ad andare a vendere gli stracci per miseri soldini. E quando deve partire, è naturalmente addolorato di lasciare il suo mondo, anche perché non sa cosa aspettarsi una volta salito sul treno. Arrivato a Modena, avrà un vero e proprio choc culturale che lo costringerà a rivedere tutte le sue certezze. Nella seconda parte del libro, Amerigo è adulto e torna a Napoli dove finalmente farà pace con il suo passato e con la madre. E’ sicuramente una storia commovente che ha però il pregio di non diventare patetica né strappalacrime. Questa vicenda, accaduta più di mezzo secolo fa, assume ancora più valore ai giorni nostri se pensiamo alla questione delle migrazioni e a tutti quei bambini che più o meno quotidianamente sbarcano sulle nostre coste. Possibile che non si riesca a dare una risposta altrettanto efficace a questa emergenza? Nella sua semplicità quindi, attraverso il suo linguaggio facilmente comprensibile, “Il treno dei bambini” è, a mio avviso, un romanzo con un messaggio molto potente, un tema sul quale è d’obbligo riflettere.
Interessante!!
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