E’ ciò che succede al dottor Eitan Green, neurochirurgo, quando una notte, viaggiando con la sua jeep nel deserto del Negev, a folle velocità, investe un migrante africano. Eitan scende dalla macchina, ma pur essendo un ottimo medico nulla può per aiutare l’uomo, che muore. Che fare? Ecco, di fronte a questo terribile dilemma, Eitan deve scegliere come comportarsi, e in fretta. Terribili saranno le conseguenze della sua decisione che coinvolgeranno Eitan, sua moglie Liat, (la poliziotta che si occuperà del caso) e i due figli. La faccenda sarà complicata da trafficanti senza scrupoli che sfruttando i poveri migranti, metteranno in pericolo la vita stessa del giovane chirurgo, sempre più in balia del suo destino. Il finale, ricco di colpi di scena, renderà giustizia.
L’intreccio è avvincente, ben costruito, con sviluppi imprevedibili e appassionanti. L’indagine psicologica dei personaggi costringe il lettore a immedesimarsi nei protagonisti e condividere o no le scelte fatte. Ci si ritrova spesso a pensare a come agiremmo in quella circostanza, e la risposta non è mai semplice perché la domanda non è per niente banale.
Non mi ha convinto invece lo stile della scrittrice israeliana, perché lo scorrere della trama è appesantito da incisi frequenti, che rallentano il ritmo della storia. Adottati per far meglio conoscere i personaggi, il loro passato, i loro pensieri e sentimenti, sono a tratti noiosi e secondo me, superflui. Il romanzo ha tuttavia l’enorme pregio di evidenziare un tema molto caldo al giorno d’oggi, poiché, di fronte al destino dei migranti, siamo tutti troppo indifferenti.
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