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Martedì, 03 Febbraio 2015 00:00

SEMINA IL VENTO, Alessandro Perissinotto, Piemme Editore

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Di Perissinotto, avevamo letto l’anno scorso “Le colpe dei padri”, premio Strega 2013, che ci era piaciuto molto. Questo romanzo è precedente (2011 e vincitore del premio Selezione Bancarella 2012) ma non meno interessante.

Più voci narranti, ci raccontano di Giacomo, brillante emigrato a Parigi con un ottimo lavoro e Shirin, ricca iraniana, da sempre in Francia. I due si innamorano e si sposano. Giacomo sta bene a Parigi ma ha nel cuore il piccolo paese tra le montagne piemontesi dove è cresciuto e non vede l’ora di portarci la sua bella moglie. Anche lei rimarrà entusiasta del posto e decidono di comune accordo di andare a vivere nella vecchia casa dell’infanzia di Giacomo.  Ma il loro grande amore si scontrerà con l’odio raziale e l’ipocrisia degli abitanti, pur amici di Giacomo, che dovranno affrontare una volta trasferitisi nel paesello. Costretti dalle circostanze, entrambi subiranno una profonda trasformazione che li allontanerà definitivamente l’uno dall’altro. I due arriveranno ad odiarsi, scoprendo di essere capaci di provare sentimenti abbietti verso chi la pensa diversamente.

Oltre ad avere una trama intrigante, con una scrittura facile, veloce, scorrevole, il romanzo ci porta a riflettere su uno degli argomenti più attuali: la convivenza in questo mondo di tanti modi di essere, di vivere, di pregare. Bellissima infatti la citazione di Norberto Bobbio all’inizio del libro “Gli uomini, non potendo più ignorarsi su questo pianeta diventato troppo stretto, non hanno altra scelta tra il dialogo e la violenza. Il dilemma è netto: o parlarsi o combattersi.” E il punto è proprio questo: dialogare o scontrarsi? I protagonisti della vicenda sostengono i proprio punti di vista con comportamenti ed argomentazioni che  risultano al lettore estremamente corrette, non si può che dare loro ragione anche se le posizioni sono diametralmente opposte. Ma allora, viene da chiedersi, dove sta la ragione? Come regolamentare una convivenza così difficile? Come fare per parlare e non combattere? Può la tolleranza aiutarci ad accettare i diversi da noi?

Il romanzo si conclude tragicamente, forse a significare che non c’è modo di convivere o che per lo meno, finora, non lo abbiamo trovato. Questo è un libro che ci piace definire onesto: ha una bella trama avvincente, i personaggi sono credibilissimi e i loro comportamenti e sentimenti condivisibili, è molto ben scritto, ci fa riflettere su una questione di grande attualità e di fondamentale importanza per il nostro futuro. Cosa dovrebbe esserci d’altro in un romanzo?

 

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Letto 1558 volte Ultima modifica il Lunedì, 21 Giugno 2021 11:59

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