Finalista sia per il Premio Strega sia per il Premio Campiello 2022, avrebbe secondo me, meritato la vittoria di entrambi: la sua scrittura densa, ricchissima, colta, precisa, incisiva andrebbe premiata! La sua è una narrazione elegante, un po’ barocca, spesso ironica ma a volte drammatica e struggente. Perfino la punteggiatura è particolare: i doppi punti si ripetono uno dopo l’altro, uno dentro l’altro come per far proseguire ulteriormente il racconto.
Pur riconoscendo la grande bravura della Ranieri, devo ammettere che ho un po’ faticato a leggere il suo “Stradario”: alcune pagine, soprattutto le prime, sono abbastanza difficili, respingono il lettore invece di attrarlo. Il terzo capitolo “Pregare: piegare l’algoritmo” mi ha addirittura disturbato. Dopo un po’ di indecisione, decido però di procedere e finalmente il racconto, soprattutto lo stile mi conquistano e mi coinvolgono. Ma il libro è lungo, quasi 700 pagine e se a volte ho molto apprezzato, al di là del fatto raccontato, questa prosa così particolare, così ricca di incisi, precisazioni, dettagli, altre volte invece l’ho un po’ subita, sentendomi frastornata da tante parole, da tanta prosa, come se boccheggiassi tra le pagine del libro come fossi satura di leggere. Penso dipendesse dal mio stato d’animo del momento, da come mi sentivo e da quanta concentrazione riuscivo a porre al testo. Confesso di averlo finito a stento, ma ora che ne scrivo, riprendendolo in mano e rileggendo le tante sottolineature, lo apprezzo molto di più. Forse il segreto per amarlo è sfogliarlo ogni tanto, poche pagine alla volta. Visto che non ha una trama da seguire, non serve nemmeno leggerlo tutto di fila basta scegliere un capitolo a caso, ce ne sono alcuni davvero impagabili. E allora così, sì, è davvero un bel libro.