Moïse de Camondo, figlio di importanti banchieri ebrei, trasferitisi a Parigi nel 1869 dalla Turchia, realizza nel 1911, al numero 63 di rue de Monceau, strada scelta dalle potenti famiglie ebraiche per costruire le loro ricche dimore, un hôtel particulier, un palazzo privato che racchiudesse e valorizzasse le tante opere d’arte del Settecento francese da lui collezionate con amore e dedizione. Si avvale del progetto dell’architetto René Sergent, molto famoso all’epoca, che si ispirò al Petit Trianon situato nel parco di Versailles. Il risultato è incredibile, bellissimo, e sono felice di averlo recentemente visitato. E’ un luogo incantevole, ricchissimo di oggetti di inestimabile bellezza: tappeti, mobili, quadri, arazzi, suppellettili preziosi perfettamente inseriti in stanze appositamente create per contenerli e valorizzarli; un’elegantissima profusione di arredi sofisticati e pregiati che ben si mescolano tra di loro grazie al gusto sopraffino e alla sensibilità eccezionale del loro proprietario il cui desiderio era quello di realizzare la perfetta abitazione per la sua famiglia. Purtroppo però, dopo essersi separato dalla giovane moglie, il conte Moïse affrontò il dolore atroce della perdita dell’amato figlio Nissim, caduto durante la Prima Guerra Mondiale. E quando anche la secondogenita Béatrice si trasferì altrove col marito, Camondo si ritrovò a vivere triste e solo tra quelle mura per le quali tanto si era prodigato. Prima di morire, nel 1935, decise che la sua amata residenza, che avrebbe dovuto essere mantenuta esattamente com’era, sarebbe diventata un museo intitolato al figlio scomparso, il Musée de Nissim de Camondo, regalando di fatto alla Francia, la sua nuova Patria, un incalcolabile patrimonio senza sospettare che quest’immenso e generosissimo atto d’amore non avrebbe salvato nemmeno uno dei suoi discendenti. Nonostante l’enorme lascito, infatti, e una precisa clausola dello Statut de Juifs dell’ottobre 1940 che prevedeva deroghe per gli ebrei che avessero reso servizi eccezionali allo Stato, nessuno dei suoi famigliari si salvò dallo sterminio nazista: la figlia, il genero, i nipoti vennero perseguitati e deportati, illusisi purtroppo di essere protetti dalle generose gesta del padre e del fratello morto per la Francia, ma traditi al contrario da una Nazione nella quale credevano e alla quale così tanta bellezza avevano donato.
Nel libro, de Waal, che ha avuto accesso all’enorme archivio situato negli appartamenti della servitù del palazzo di rue de Monceau, e dove sono conservati migliaia di documenti preziosi (dai certificati di proprietà della collezione, alla lista degli invitati alle lussuose cene, perfino ai documenti di deportazione), si rivolge direttamente al lontano cugino, scrivendogli lettere immaginarie nelle quali riesce, con sorprendente abilità, a descriverci la splendida dimora mentre contemporaneamente ci racconta la triste storia della famiglia Camondo. Da ogni lettera trapela l’affetto, la stima che l’autore prova per quest’uomo illuminato e saggio e la sua compassione per il destino crudele che non ha risparmiato né lui, né la sua famiglia crudelmente perseguitata come altri sei milioni di ebrei. Leggere questo libro, significa immergersi nella bellezza del museo, assaporare la vita dorata dei suoi abitanti finché durò, ma purtroppo anche soffrire per la loro tragica fine.
Ecco dunque il contributo di Passione per i libri per il Giorno della Memoria: ricordare oggi i Camondo significa ripercorrere la Storia del secolo scorso, del periodo nazista, dell’antisemitismo. Celebrare Moïse leggendo queste toccanti pagine, onorarlo visitando il suo splendido museo significa ricordare il sacrificio suo e della sua famiglia; significa ringraziarlo per la testimonianza d’amore che ha voluto lasciare a tutti noi e che va oltre l’orrore e le sofferenza subite.
P.s.: dedicate un paio di minuti al video qui sotto per godere dello splendore del Museo!
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