Stefánsson mi ha portato in Islanda, nei Fiordi Occidentali in uno dei tanti paesini che disseminano la terra dei ghiacci e dei vulcani. Il panorama è sconfinato, grazie alle descrizioni del libro riesco ad immaginare i grandi spazi tra il mare e il cielo e la campagna innevata, proprio quello che mi ci voleva in questo periodo di nuovo in zona rossa. “Il vento dormiva alle spalle dei monti, le stelle a poco a poco tornavano dopo la luce prepotente dell’estate, in primavera abbiamo il canto degli uccelli ma dobbiamo rinunciare alla luce delle stelle, in autunno è l’esatto contrario. Cos’è meglio?”
Abitato da quattrocento persone sì e no, il paese del romanzo si compone di poche case, alcune grandi e remote fattorie, una Cooperativa, un Centro Civico, un Maglificio ormai chiuso, nessuna chiesa né tantomeno un cimitero. Il romanzo racconta la storia di alcuni degli abitanti di questo sperduto villaggio dove sembra che non succeda mai niente, dove le giornate si susseguono tutte uguali, dove il progresso arriva sempre un po’ dopo. Eppure le storie che l’autore ci racconta sono intense, ricche di sentimento e di significato a formare un romanzo corale molto ben orchestrato dove le vicende dei personaggi si collegano una all’altra, donandoci così uno spaccato di vita vera, di passioni, di errori, di paure, di amore, di solitudine. “…desideriamo raccontarti della notte che incombe su di noi e che trae la propria forza dalle profondità dell’universo, dai giorni che vanno e vengono, dal canto degli uccelli e dall’attimo estremo, saranno sicuramente tante storie, partiremo dal paese e finiremo sull’aia di una campagna del nord, ma adesso cominciamo, ecco, la felicità e la solitudine, la dignità e l’incoerenza, la vita e i sogni – sì- i sogni.”
Lo stile narrativo è a tratti poetico, sempre sobrio; gli stati d’animo, spesso potenti e deflagranti per chi li prova, vengono descritti con delicatezza e garbo ricorrendo spesso a toni da poesia, il primo grande amore dell’autore. “Prendo ispirazione dalla poesia. Credo che la poesia sia la forma più profonda d’espressione e che racchiuda in sé molti elementi capaci di commuovere, più di qualsiasi altra forma…” ha detto l’autore in un’intervista. Una prosa delicata da apprezzare a piccoli sorsi, una lettura che diventa un balsamo lenitivo per i nostri cuori appesantiti dall’emergenza Covid.
“Luce d’estate” precede la trilogia che ha reso Stefánsson famoso, “Paradiso e Inferno”, “La tristezza degli angeli”, “Il cuore dell’uomo”: li leggerò tutti, sono felice di aver trovato un nuovo compagno di viaggio!
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