Premetto che non è facile analizzare i cinque racconti della raccolta. L’umanità che interessa a Johnson è allo sbando, attanagliata dalla paura, incapace di sfuggire alla sofferenza in cerca di un modo per salvarsi. Le storie non hanno inizio né fine, sono lo spaccato di un momento più o meno lungo dove il protagonista è descritto in balia della sua solitudine. Sono racconti minimalisti, molto intensi, crudi, duri, amari ma molto vicini alla realtà, toccanti e commoventi. La potenza che esprimono è impressionante, le riflessioni che ci spingono a fare lancinanti, la sensazione di volerne leggere di più (il libro, ahinoi, è di sole 168 pagine) fortissima. Johnson ci parla di solitudine, di persone ai margini, e scrive, come disse Philip Roth, “degli abissi più tenebrosi e selvaggi della vita americana”. Il filo conduttore è il diventare vecchi, rendersi conto di essere ad un passo dalla fine e dover fare i conti su quanto fatto o no, nella vita. Il racconto che dà il titolo alla raccolta inizia con un gruppo di persone riunite dopo cena: “…cominciammo a descrivere il rumore più forte che avessimo mai sentito. Uno disse che era la voce di sua moglie quando gli aveva detto che non lo amava più e voleva il divorzio. Un altro ricordò i battiti del suo cuore quando gli era venuto un infarto. Tia Jones era diventata nonna a trentasette anni e sperava di non sentire mai più un rumore come quello della nipote che piangeva tra le braccia della figlia sedicenne.” È bastata questa pagina per convincermi dell’originalità dell’autore americano e della sua indubbia capacità di andare a toccare tematiche profonde e molto intime.
Totalmente coinvolta in queste storie drammatiche e strazianti, mi sono dimenticata del virus…
#andràtuttobene
Vuoi leggerlo? Puoi acquistarlo cliccando qui sotto..